MOVIMENTI DI LIBERAZIONE: DICHIARAZIONE DI BELLIGERANZA SI O NO?

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MOVIMENTI DI LIBERAZIONE: DICHIARAZIONE DI BELLIGERANZA SI O NO?

Per confutare le affermazioni di quanti sostengono che al giorno d’oggi si possa istituire un movimento di liberazione sui Territori Veneti Occupati solamente nel caso in cui questi versassero in stato di guerra, è indispensabile sottolineare, prima di argomentare, che se queste fossero le condizioni imposte dal diritto internazionale sull’autodeterminazione dei popoli, suddetti territori non potrebbero attuare il percorso dell’autodeterminazione esterna. Invero, gli unici soggetti preposti a rappresentare un popolo in questo particolare percorso sono proprio i movimenti di liberazione. Con l’avvento delle quattro Convenzioni di Vienna del 1949, per esempio, la disciplina dell’occupazione si è evoluta. Quindi affermare l’indispensabile condizione di guerra sui territori occupati per avere diritto all’autodeterminazione è da considerarsi quantomeno superficiale, come teoria, che, per l’appunto, potrebbe trovare fondamento solo se il diritto dal 1899, data di codifica dei primi Regolamenti dell’Aja, non si fosse evoluto. Proprio con le Convenzioni di Vienna anche gli individui cominciano ad ottenere dei trattamenti più “umani”. Al fine di agevolare la comprensione dell’argomento e di non travisare il messaggio è indispensabile definire l’essenza di tali movimenti. Due sono le componenti che caratterizzano queste entità. In primis la componente politico-diplomatica che definisce la struttura di cui devono dotarsi i movimenti di liberazione, struttura che permette loro di relazionarsi con la comunità internazionale; la seconda componente è quella militare, concessa nella forma difensiva dal diritto internazionale, naturalmente in deroga al divieto generale di uso della minaccia e della forza. Di conseguenza i movimenti di liberazione si configurano come uno stato in “forma embrionale” e sono preposti a rappresentare il popolo da loro politicamente controllato lottando contro potenze straniere, colonialiste e razziste, con lo scopo di decolonizzare i territori rivendicati. Ai movimenti, in qualità di soggetto di diritto internazionale pubblico, viene riconosciuta dal diritto stesso una soggettività limitata, ma contestualmente ben definita al fine di trattare alla pari con gli stati territoriali i tempi e i metodi dell’autodeterminazione. I riconoscimenti politici, commerciali o di altra natura e la strutturazione in varie forme sul piano organizzativo ed operativo sono certamente dei corroboranti a quello puramente giuridico e contribuiscono alla concretizzazione del principio di effettività.
Entrando nel caso specifico dei Territori Veneti Occupati, che dal secondo dopo guerra almeno sotto l’aspetto bellico versano in uno stato di pace, è tuttavia innegabile – per i fatti storici che tutti conosciamo – la presenza dell’occupazione militare italiana, la quale oramai imperversa da più di centocinquant’anni e, che a causa del lungo protrarsi, passando dall’epoca colonialista a quella neocolonialista, è mutata in occupazione “pacifica”. La “certificazione” di questa occupazione territoriale è fornita dalla data di emissione da parte del Regno d’Italia del primo Regio Decreto inerente i territori veneti, il n. 3064, avvenuta prima dello svolgimento del famoso plebiscito di ottobre, il 18 luglio 1866. Questo è l’elemento che permette al Comitato di Liberazione Nazionale Veneto – senza necessità di un contraddittorio sull’argomento – di esistere, di rivestire il ruolo di legittimario del diritto di autodeterminazione del popolo veneto e di poterlo esercitare sui Territori Veneti Occupati. Appurate le condizioni basilari sulla legittimità dell’ esistenza del Comitato è opportuno accertarne anche le basi legali che, con l’evoluzione del diritto internazionale e in particolare con l’adozione della Carta delle Nazioni Unite – che con l’art. 2, comma 4 pone come regola generale il divieto dell’uso della minaccia e della forza – e l’adozione dei Patti sui diritti civili e politici di New York del 1966, che al primo articolo comune sanciscono il diritto di autodeterminazione dei popoli fondato esclusivamente sulla pace e rapporti amichevoli tra gli Stati, devono essere in linea con tali requisiti per poter operare e rivendicare i propri diritti. E’ necessariamente obbligatorio l’adeguamento a quanto disposto dalle succitate normative internazionali, basate sul “diritto alla pace” del quale ognuno è destinatario, per ottenere considerazione dalla comunità internazionale e dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite in primis. Nonostante la lotta di liberazione sia stata codificata come conflitto armato internazionale, al fine di recepire i vantaggi derivanti dalle Convenzioni di Ginevra e relativi protocolli in caso di vere circostanze di guerra, non è necessario, anzi, sarebbe controproducente dichiarare belligeranza allo stato occupante con la convinzione di validare la soggettività internazionale del Comitato di Liberazione Nazionale Veneto. Evidentemente dichiarare guerra è già di per sé un atto, anche se puramente formale, contro la pace e contrasterebbe con quanto dettato dalle normative consuetudinarie di natura cogente succitate e con la condotta del Consiglio di sicurezza.

Commissione Legale
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Dichiarazione belligeranza si no